Apr 10, 2019 | archeologia, news, risultati scavo di domo
Si svolgerà dal 21 Luglio al 17 Agosto la campagna di scavo archeologico “DOMO 2019”.
PERIODI DI SCAVO
1° settimana dal 21 al 27 Luglio
2° settimana dal 28 Luglio al 3 Agosto
3° settimana dal 4 al 10 Agosto
4° settimana dall’11 al 17 Agosto
Le attività di scavo, articolate in moduli settimanali, sono rivolte a studenti, universitari e appassionati di archeologia, e saranno coordinate da archeologi professionisti. Il lavoro di ricerca si svolgerà presso il complesso termale romano situato nella località di Domo (comune di Bibbiena, Arezzo), una delle più importanti realtà archeologiche del Casentino.
Il programma della Campagna di Ricerca Archeologica prevede attività di scavo, rilievo e documentazione dei reperti ritrovati. Il lavoro sul cantiere si svolgerà dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 17.00, con un’ora di pausa pranzo, e saranno arricchiti da una serie di approfondimenti sulle metodologie di indagine archeologica e dallo studio(lavaggio, siglatura, documentazione e catalogo) dei materiali rinvenuti. La direzione scientifica dello scavo è affidata al dott. Alfredo Guarino, coordinato da un’equipe di responsabili qualificati.
Al termine della Campagna di Ricerca Archeologica verrà rilasciato un attestato di partecipazione e collaborazione con Archeodomani indicante la tipologia di attività svolta, il periodo e il numero di ore. Qualora si volesse utilizzare l’attestato per il riconoscimento di crediti universitari e/o scolastici, si prega di contattare preventivamente l’Ufficio Tirocini dell’Università o dell’Istituto per chiedere l’eventuale modulistica specifica che il Direttore Scientifico della Campagna di Ricerca Archeologica compilerà al termine del periodo di partecipazione.
Il costo di iscrizione al campo di scavo è di 215,00€ a settimana. Sono previste riduzioni per periodi superiori. Il costo è comprensivo di vitto, alloggio, assicurazione e iva (22%).
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Nov 13, 2018 | archeologia, news, risultati scavo di domo
La campagna di scavo realizzata da Archeodomani tra Luglio ed Agosto 2018, con la direzione scientifica di Alfredo Guarino, sul sito di Domo (Bibbiena, AR) è stata contemporaneamente impostata sulla parziale riapertura di aree già indagate nelle campagne precedenti e sull’indagine di nuovi settori.
Due le aree di intervento: la prima posta ad Ovest delle Grandi Terme ed a Sud del cosiddetto Plesso Nord, finalizzata all’indagine degli ambienti 17 e 18, parzialmente indagati nelle campagne precedenti; l’altra posta a Nord-Est delle Grandi Terme, tesa all’indagine delle prime strutture murarie non direttamente legate ai grandi plessi già conosciuti.
Ambienti 17-18
Scopi del saggio erano la definizione dell’estensione e forma degli ambienti e l’indagine delle stratigrafie, verificandone la similarità o meno con quelle degli ambienti limitrofi già scavati. Per quanto riguarda l’ambiente 17, si è riscontrata in primo luogo la fitta presenza di buchette circolari, relative a tracce di coltivazioni e pertinenti a fasi medioevali o postmedioevali di frequentazione del sito. Tali interventi intaccavano lacerti di stratigrafie collegabili alle fasi di abbandono del sito, anch’essi già attestati e, come verificato altrove, probabilmente in parte danneggiati da lavori agricoli moderni. Al di sotto si è identificata la prosecuzione del grande livello di frequentazione, già attestato negli ambienti 15 e 16, collegabile con la fase di vita delle terme e posto in copertura delle creste dei muri degli ambienti, a testimonianza di una loro defunzionalizzazione e demolizione in questa fase. Asportato questo strato, sono stati identificati scarichi di elementi litici e laterizi, intaccati in antico da interventi di scasso e risarciture.
L’asportazione di questi elementi ha segnato la fine delle attività per l’esaurirsi del tempo a disposizione per l’indagine. La similarità con le sequenze stratigrafiche indagate negli anni precedenti (in particolar modo nell’ambiente 15) è evidente: interventi post classici legati a coltivazioni che intaccano gli strati di abbandono, a loro volta posti in copertura dell’ultimo livello di frequentazione (relativo alla ristrutturazione dell’area in un probabile spazio aperto che fiancheggia l’edificio termale). Il livello di frequentazione a sua volta oblitera e regolarizza l’area all’indomani della demolizione degli ambienti. Al di sotto di esso si identificano i probabili strati di preparazione e consolidamento al piano (con segni di rilavorazione: scassi e ricolmature). E’ molto probabile che, sulla falsariga degli ambienti vicini, le prossime campagne permetteranno l’identificazione dei veri e propri piani pavimentali dell’ambiente (o dei loro lacerti) e delle preparazioni agli stessi. Allo stato attuale, l’ambiente sembrerebbe aperto sul lato Ovest.
Le indagini delle stratigrafie dell’ambiente 18 si sono viceversa arrestate all’identificazione degli interventi postclassici (anch’essi consistenti in serie di buchette alle quali si aggiunge una grande buca rettangolare – tipo di intervento anch’esso già noto nelle aree limitrofe), al lacunoso livello sottostante di abbandono ed a strati relativi al livello di frequentazione collegabile alle terme.
All’interno di esso, infatti, si è rinvenuta una lacunosa ma forte presenza di semi carbonizzati, consistenti probabilmente in grano con, forse, molto più rari vinaccioli, la cui messa in luce, documentazione e parziale asportazione ha richiesto tempi lunghi d’intervento. Per quanto riguarda il perimetro dell’ambiente 18, non è stata ancora identificata la chiusura a S, mentre vi è una sezione del lato Ovest, ma non ancora i punti di contatto con i muri Nord e Sud.
Area a NE delle Grandi Terme
Il saggio in questione costituiva l’ampliamento ad Est di uno dei saggi della campagna di scavo 2017. Scopo principale era il prosieguo della messa in luce di una unità stratigrafica muraria identificata lo scorso anno che aveva suscitato notevole interesse: il muro non appariva, infatti, connesso a nessuno dei due grandi plessi vicini (Grandi Terme e cd. Plesso nord), e, compatibilmente con la scarsa estensione messa in luce, non sembrava neppure strettamente coorientato alle grandi strutture vicine.
Le attività di scavo nel saggio del 2018, da ritenersi pressoché ultimate, hanno permesso di focalizzare due elementi di particolare interesse.
In primo luogo sono state identificate presenze postclassiche consistenti in un leggero muretto Nord-Sud di ciottoli non legati, del tutto comparabile (e coorientato) con analoghe strutture rinvenute più a Sud nel 2010.
Il muretto è poi da porre in connessione con strati orizzontali con matrice terrosa giallastra, ben conosciuta e variamente individuata, nel corso degli anni, nell’assoluta maggioranza dei casi come riempimento di buche postclassiche (ma mai finora attestata in stratigrafie orizzontali).
In secondo luogo, per quanto concerne il muro identificato lo scorso anno, ne è stata effettivamente individuata la prosecuzione, ma la nuova porzione messa in luce è risultata probabile oggetto di scasso e parziale demolizione in antico e di un successivo risarcimento leggermente diverso – a quanto sembra – per tecnica e orientamento. Anche in questo caso il relativamente ristretto campo di indagine non permette un’analisi definitiva che viene rimandata alle prossime campagne di scavo.
Da segnalare, oltre l’ampia campionatura di semi carbonizzati, il rinvenimento di uno spillone bronzeo frammentario e di un quinario argenteo databile al 99 a.C.
Ott 3, 2018 | archeologia, news
Davanti alle prime immagini delle strutture di un’antica chiesa sommersa sotto le onde del lago turco di Iznik (l’antica Nicea, 130 km a sud-est di Istanbul, nella provincia di Bursa), Mustafa Şahin, archeologo dell’Università di Bursa Uludağ, non riusciva a credere ai suoi occhi.
“Quando gli ispettori dell’amministrazione locale mi hanno mostrato le fotografie aeree del lago, sono rimasto a bocca aperta nello scorgere chiaramente sotto la superficie dell’acqua i resti di un’edificio religioso” ha detto Şahin a Live Science in una e-mail. “Nonostante dal 2006 stia curando campagne di ricerca archeologica a Iznik, non mi ero mai imbattuto in strutture di questa importanza”.
Le rovine dell’antica chiesa, con le tre navate e l’abside ancora riconoscibili con chiarezza, si trovano a circa 50 metri dalla riva, ad una profondità di 3 metri.
Nel corso dello scavi subacquei effettuati da Şahin e dal personale del Museo Archeologico di Iznik, resi ancor più complicati dal clima caldo della regione che favorisce il proliferare di alghe e la conseguente riduzione della visibilità, sono state individuate anche diverse sepolture sotto uno dei muri principali della basilica, e le monete in esse contenute hanno permesso di ricostruire la cronologia dell’insediamento. Risalgono ai regni degli imperatori Valente (364-378 d.C.) e Valentiniano II (375-392 d.C.), e fissano quindi la costruzione dell’edificio di culto al 390 d.C.
Probabilmente dedicata al martire paleocristiano Neophytos, San Neofito, messo a morte proprio a Nicea dai Romani nel 303 d.C., durante il regno dell’imperatore Diocleziano, la basilica venne distrutta da un terremoto nel 740 d.C. e progressivamente ricoperta dall’acqua.
Ma le sorprese non sono finite. Sotto di essa, infatti, sembra nascondersi un altro tesoro. Il ritrovamento di alcune monete (e dei frammenti di una lucerna) fa ipotizzare una datazione ancora precedente. “Potrebbe esserci un tempio” – si è chiesto Sahin – “sotto i resti della basilica?”. Secondo documenti d’epoca romana, infatti, l’imperatore Commodo, edificò un tempio dedicato ad Apollo a Nicea, al di fuori delle fortificazioni della città.
Vista l’importanza del sito, Mustafa Şahin ha chiesto che l’area diventasse sede del primo museo archeologico subacqueo della Turchia. Il progetto, che ha trovato l’appoggio di Alinur Aktaş (ex sindaco di Bursa e influente politico locale) prevede la realizzazione di una torre per permettere di vedere le rovine dalla riva, una passerella sul lago, sopra il sito, e una stanza sommersa con pareti di vetro direttamente al livello della navata principale della basilica. I lavori sono in corso, e l’apertura per i primi visitatori è al momento prevista per il 2019.
Ago 10, 2018 | scavo di domo
Dal 2008 Archeodomani conduce, durante il periodo estivo, regolari campagne di scavo archeologico nel sito di “Domo” (località Castellare, Bibbiena, Arezzo) con la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e la collaborazione del Comune di Bibbiena. Il sito fu individuato negli anni ’80 da parte dei volontari del locale Gruppo Archeologico, e fu oggetto di scavo per tre campagne estive (1987-89). Tali interventi consentirono la scoperta di un complesso termale d’età romana, ma, tesi unicamente alla messa in luce delle strutture edificate, hanno comportato la perdita di preziose informazioni stratigrafiche. Le Campagne di Ricerca Archeologica realizzate da Archeodomani (grazie alla disponibilità e all’interesse dimostrato dai funzionari incaricati dott. Luca Fedeli e Ursula Wierer) hanno permesso di rimettere in luce e documentare stratigraficamente quanto indagato negli anni ’80 e, successivamente, ampliare l’indagine estendendo notevolmente l’area oggetto degli interventi di scavo. La direzione scientifica della Campagna di Ricerca Archeologica è affidata al dott. Alfredo Guarino.
Ago 10, 2018 | risultati scavo di domo
CAMPAGNA DI RICERCA ARCHEOLOGICA ESTIVA “DOMO 2017”
SINTESI DEI RISULTATI
Le attività di ricerca archeologica si sono svolte dal 23 Luglio al 19 Agosto 2017 presso il complesso termale romano situato nella località di Domo (comune di Bibbiena, Arezzo), una delle più importanti realtà archeologiche del Casentino.
La campagna di scavo 2017 a Domo è stata imperniata su tre saggi distinti, tesi all’approfondimento di aree già parzialmente indagate negli anni precedenti e all’inizio delle indagini in aree nuove.
Il primo saggio è stato posizionato immediatamente a Nord dell’Ambiente 11 (ad Est del cd. “plesso Nord”), in corrispondenza dell’area – mai indagata – su cui si apre l’ingresso dell’ambiente.
Le indagini, che saranno ultimate nelle prossime campagne, hanno rivelato l’esistenza di una serie di battuti pavimentali posti a quote costanti ma di diversa tipologia (in terra mista a frammenti di laterizi e in tritume di laterizi), probabile indizio di sequenze di interventi di asportazione parziale e successivo ripristino.
La presenza di livelli pavimentali antistanti l’ambiente era ampiamente ipotizzabile, mentre l’attestazione di diversi interventi sui piani stessi è indice della possibile esistenza di diverse fasi di vita e, conseguentemente, di una certa ampiezza dell’arco di vita di frequentazione dell’area.
Livelli pavimentali nel saggio a Nord dell’Ambiente 11.
Il secondo saggio è stato posizionato nell’area a Nord delle “Grandi Terme” e ad Est del “plesso Nord”, a completamento delle indagini (già iniziate nel 2016 con lo scavo dell’ambiente 14) del delicato punto di contatto tra i due più grandi plessi edificati fin qui identificati nel sito.
Lo scavo ha rivelato, tra l’altro, la presenza di una grande fossa colmata da cenere e carbone, posta in corrispondenza del varco d’accesso all’ipocausto delle terme ed il cui riempimento appoggiava ai muri del “plesso Nord”. Ciò sembrerebbe implicare che il “plesso Nord” stesso fosse già esistente durante il periodo di vita delle terme, e tale fattore riveste una notevole importanza, ponendo mente al fatto che le due strutture sono state stratigraficamente isolate dalle trincee degli anni ’80.
Notevole interesse riveste anche il rinvenimento di un muro non pertinente a nessuno dei due grandi plessi e forse indice dell’inizio di un’altra nuova struttura.
Saggio a Nord delle “Grandi Terme”.
Il terzo saggio è stato invece posizionato in corrispondenza degli Ambienti 15 e 16, a prosecuzione delle indagini della campagna precedente.
L’area presenta una serie di ambienti pertinenti alla prima fase di vita del sito, poi rasati e probabilmente trasformati in un’area aperta in occasione della strutturazione del complesso termale.
Le indagini hanno permesso di identificare ulteriori ambienti posti ad Ovest, quanto rimane dei piani pavimentali originari, gli interventi di scasso antichi e la strutturazione del piano di calpestio della nuova area all’aperto.
Sono state inoltre identificate ulteriori tracce di frequentazione di età medioevale negli strati di abbandono delle strutture romane (piccole buche circolari, probabilmente riferibili a coltivazioni).
Particolarmente rilevante risulta l’acciottolato identificato nell’Ambiente 15: un piano regolare ottenuto con ciottoli piantati obliquamente e che probabilmente fungeva da basamento/vespaio al pavimento vero e proprio dell’ambiente.
Le indagini risultano ultimate nell’Ambiente 15 e da proseguire negli altri.
Terzo Saggio: acciottolato nell’Ambiente 15.
Da sottolineare il rinvenimento di numerosi frammenti di tegole e coppi, in gran parte ricomponibili, dagli strati pavimentali degli ambienti 15 e 16; di un frammento di orlo di dolio con bollo dall’acciottolato dell’ambiente 15 e di diversi frammenti del piano forato di una fornace reimpiegati in strutture murarie dell’ambiente 16.
Esempio di frammenti di tegole e coppi dagli ambienti 15 e 16.
Frammento di orlo di dolio con bollo dall’acciottolato dell’ambiente 15.